Luca Tonino, il Segretario commenta le elezioni del 25 settembre

Le elezioni politiche ci consegnano a livello nazionale un risultato che personalmente considero insoddisfacente e questo ci pone l’obbligo di ragionare sul futuro del PD. Una discussione rimandata forse troppe volte, per un partito nato 15 anni fa.

Mi interessa dunque la prospettiva dicendo fin d’ora che al partito non va sciolto, non va cambiato il nome e non bisogna partire dalla corsa per chi farà il segretario. Sarebbero delle inutili scorciatoie. Ci vuole un po’ di tempo (non troppo) per capire qual è la mission politica del PD, nato immaginando uno schema bipolare del Paese che è ampiamente superato.

Devo dire che l’ultima campagna elettorale è stata complessa, difficile nella misura in cui è stata chiara l’incompiutezza del processo costitutivo ed evolutivo del PD. Non credo sia questo imputabile a nessuno dei troppi segretari nazionali che abbiamo avuto, visto che il problema fino ad ora è stato il nome e non l’essenza promuovendo un turnover della leadership che è insostenibile.

Il ragionamento che va fatto da oggi al prossimo congresso ha quindi il compito di indicare la via, che per quanto mi riguarda è quella di aprire il partito oggi troppo chiuso. Troppe volte ho sentito in riunioni nazionali e in occasioni ufficiali la ricetta su come fare senza però mai farlo.

La sensazione è davvero quella di un partito chiuso su se stesso, fatto di correnti, fatto di elezioni sicure. Un partito in cui si parla con una naturalezza disarmante di collegi sicuri, come se partecipare a questa comunità significasse per forza aver indietro qualcosa. Ecco questa idea di partito ampiamente diffusa non piace al popolo di centro sinistra e non piace neanche ai nostri iscritti. E allora aprire, immaginare di immettere aria nuova, coinvolgere i giovani amministratori bravi che abbiamo, coinvolgere le nuove generazioni, superare le incrostazioni interne insostenibili.

Non sarà un processo facile perché le rendite di posizione sono difficili da superare ma tant’è. Lo dobbiamo fare capendo quale società abbiamo in mente, ritornando a provare a rappresentare le persone in difficoltà, promuovendo un paese per tutti in cui l’attenzione a rappresentare una società fluida che sovente ci sfugge di mano è il nostro faro. Se non creiamo un’identità, una comunità corriamo il rischio di essere superati ovunque ci giriamo. Il paradosso di questa campagna elettorale: essere superati alla nostra sinistra da un movimento che ha votato i decreti sicurezza di Salvini. In tutto questo c’è qualcosa che non funziona.

Quindi l’idea di una fase nuova, costituente, di apertura e di crescita dal basso è indispensabile. Richiede fatica e tempo e dobbiamo capire se abbiamo voglia di farlo. Io credo che lo dobbiamo al nostro popolo e al Paese intero perché un pezzo significativo di questa straordinaria Italia la pensa come noi, ma c’è un problema di rappresentanza serio. Una nuova fase in cui dobbiamo essere gentili nell’interlocuzione (di urla questo paese ne ha troppe) ma radicali nelle idee. Essere troppo ondivaghi nella proposta politica forse perché ammalati di governismo ha spiazzato chi guardava a noi con interesse e ha prodotto un astensionismo di sinistra che è un altro dei problemi che abbiamo di fronte.

Dopo questa fase, che ripeto credo sia complessa e per nulla scontata, parleremo di alleanze e di candidature. Perché senza una rinnovata identità le alleanze sono fragili e immoliamo qualcun’altro nel ruolo di segretario. L’ondata di destra temo non sarà breve per cui avremo appuntamenti elettorali complessi. Una stagione difficile che si affronta con un partito coeso e con una forte identità. Credo che da questo punto di vista l’opposizione in parlamento possa aiutare.

Una opposizione intransigente ad un Governo Meloni che tutti noi consideriamo insoddisfacente nella composizione e politicamente pericoloso al quale non dovremo mai fare sconti. Tocca a noi tutti e tutte indicare un percorso credibile. Un congresso non è mai una formalità tanto meno in questo periodo. Ridiamo vigore ed entusiasmo a chi ci ha votato e interloquiamo di nuovo con chi questa volta non ci ha sostenuto.

 

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