Le persone al centro

Programma elezioni regionali 2018 PD Valle d’Aosta

Queste elezioni regionali cadono in un momento di grande caos e incertezza per la nostra regione e per l’intero paese.

La Valle d’Aosta è stata attraversata in questi anni da una crisi economica mai vista prima e l’Italia si trova alle prese con la difficile formazione di un Governo, in un quadro nazionale altrettanto inedito che lascia aperti molti interrogativi anche, e non ultimo, rispetto ai temi dell’autonomia.

La crisi con cui abbiamo fatto e stiamo continuando a fare i conti ha diverse declinazioni.

È stata una crisi economica che ha aperto una stagione di contrazione delle risorse pubbliche, da sempre volano dell’economia locale, che ha messo in discussione il modello Valle d’Aosta.

È stata ed è una crisi politica caratterizzata da una legislatura che ha visto alternarsi diversi governi, e segnare di fatto un rallentamento nell’azione politica e amministrativa, intesa come capacità di produrre provvedimenti ed incidere nella realtà.

A maggior ragione è stata ed è una crisi politica se oggi ci presentiamo agli elettori, dopo anni di applicazione di un sistema elettorale maggioritario, con un sistema elettorale proporzionale che produrrà certamente una frammentazione del risultato ed una conseguente futura difficoltà di formazione del Governo, specchio locale di difficoltà anche nazionali.

È stata ed è una crisi morale ed etica con inchieste e condanne, processi ed indagini che non hanno risparmiato nessuno e che hanno rimesso al centro del dibattito i temi della gestione pubblica, dello sperpero delle risorse, della trasparenza e della corruzione come pericolo sempre e ancora presente.

È stata ed è infine una crisi sociale che ha visto un aumento delle povertà e delle difficoltà delle famiglie e delle persone nella vita quotidiana.

Il programma del Partito Democratico – Sinistra Valle d’Aosta si inserisce in questo contesto complesso e prova a rappresentare una visione, ad indicare una prospettiva di sviluppo e di crescita per la nostra Regione partendo da 8 assi strategici che riuniscono temi fondamentali per la nostra regione, naturalmente tenendo conto che le risorse economiche a disposizione sono drasticamente diminuite rispetto a cinque anni fa.

Lo fa tenendo avendo ben chiaro che non è possibile ridisegnare da cima a fondo un modello di sviluppo in 5 anni di legislatura, ma lo fa consapevole del fatto che sia necessario porre le basi per un programma di riforme che sicuramente abbraccerà più di una consiliatura e concentrando l’attenzione su otto assi strategici su cui intervenire con azioni non più rinviabili e che hanno un chiaro obiettivo: la necessità di rispondere ai bisogni concreti degli uomini e delle donne e delle famiglie della nostra regione, per rimettere le persone al centro dell’azione politica.

Asse 1. Crescita, Lavoro, Occupazione.

La priorità per la prossima legislatura è stimolare la crescita economica agganciando la ripresa, che si sta consolidando a livello locale, favorendo nel corso del prossimo quinquennio il rilancio dell’occupazione.

L’obiettivo quindi è assecondare la ripresa attraverso un massiccio intervento che coordini investimenti pubblici, i fondi Europei, gli investimenti regionali e locali, le forme di intervento in partecipazione tra pubblico e privato e i fondi privati, al fine di indirizzare in maniera condivisa e coordinata gli investimenti in tutti i settori strategici della nostra regione.

Il lavoro viene posizionato nelle varie liste elettorali sempre ai primi posti, ma gli strumenti e le strategie per creare opportunità lavorative concrete spesso sono declinati malamente o per nulla. Il PD sa di cosa sta parlando: i nostri amministratori, oggi e nel passato sia a livello comunale che regionale, hanno operato per il lavoro con riconosciuta serietà e visione. Senza prospettiva, senza costruire “le basi” il lavoro rimane solo un mantra da ripetere con insistenza, mentre il mondo ci sta passando avanti.

Non è “creando” lavoro pubblico che si trova la soluzione al bisogno di occupazione, ma è costruendo organizzazioni e strumenti veri e concreti che favoriscano la creazione di posti di lavoro.

Proseguendo nella strada già intrapresa dal nostro partito, si devono rafforzare e riorganizzare i Centri per l’Impiego, in forma integrata con le strutture private operanti sul territorio, in modo tale che diventino luoghi di incontro reale della domanda e dell’offerta di lavoro; le imprese devono trovare casa presso i CPI, si devono creare occasione frequenti (come le “journées” e le “semaines des métiers”) , affinché studenti, lavoratori e imprenditori possano dialogare, manifestando ciascuno i propri bisogni e le proprie desiderata. Gli esperti di lavoro, operanti presso la pubblica amministrazione, dovranno uscire dai propri uffici ed essere presenti nei luoghi dove le imprese sono di casa (le associazioni, la Chambre des entreprises) perché possano interagire, fare da ponte e aiutare, con le proprie conoscenze e competenze, i datori di lavoro oltre che coloro che cercano il lavoro, ad incontrarsi.

Diventa perciò fondamentale la valorizzazione e la riforma dei meccanismi di incontro domanda e offerta.

Per rilanciare il lavoro si deve continuare nell’opera di miglioramento e di riforma del sistema della formazione e dell’orientamento professionale: gli enti accreditati e le scuole professionali sono luoghi importantissimi per la creazione di quelle competenze necessarie alle imprese e alle industrie per i propri processi produttivi. Continuare nell’opera di reindirizzo e di efficientamento degli enti e delle scuole verso offerte formative congrue alla realtà produttiva è vitale, mettendo fine a corsi di orientamento e professionali generici e percorsi formativi non supportati da riscontri oggettivi sulla loro utilità pratica.

L’industria ha un’importanza fondamentale nel generare lavoro e benessere. Perseguendo gli obiettivi del programma “montagna sostenibile” e “impresa 4.0” compito della pubblica amministrazione dovrà essere quello di favorire al massimo l’utilizzo degli strumenti già in uso, aumentando la consapevolezza delle grandi opportunità fornite dai nostri programmi e piani operativi immaginati, declinati e finanziati dai nostri governi regionali e nazionali e facilitando i processi burocratici di insediamento. Importantissimo per continuare nell’opera di sviluppo del settore imprenditoriale/industriale è l’ottimizzazione delle opportunità offerte da Impresa 4.0 (un piano reale e concreto ma al tempo stesso visionario): maggiore accesso al credito, agevolazioni fiscali per l’insediamento e l’ammodernamento di imprese sostenibili e al passo con i tempi, una forte azione sul fronte della formazione, sia quella professionale sia quella liceale, universitaria e post universitaria (in un’ottica di vera “alternanza scuola lavoro”, perché solamente dando impulso a una programmazione che veda il lavoro come l’obiettivo principale della formazione scolastica e professionale, si può immaginare un futuro dignitoso per i nostri figli).

Il lavoro è anche elemento di riconoscimento sociale e di crescita del concetto di cittadinanza. Chi non ha lavoro è ai margini della società, così come chi è sfruttato. Compito della politica è di favorire i processi di concertazione tra le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro. L’incontro dei reciproci interessi deve diventare priorità della politica, perché solo un sano confronto tra le esigenze di chi ci mette del proprio, accettando il “rischio di impresa”, e chi produce il lavoro è condizione per uno sviluppo durevole della società. Quindi, avanti con tavoli agili di concertazione che vedano ben rappresentati imprese e lavoratori, avanti con la definizione concertata degli strumenti utili a generare lavoro e ad ammodernare le imprese che lo generano (sulla strada di ciò che è già stato fatto con i regolamenti sull’apprendistato professionalizzante, sui tirocini, sugli incentivi all’occupazione e l’auto impresa e via dicendo). Potenziare gli strumenti “concertati” è una priorità della politica, che si deve porre in primis nel ruolo di facilitatore dei processi produttivi.

Per il settore agricolo sono necessari nuovi modelli di gestione del territorio che favoriscano i piccoli comuni di media montagna che rischiano l’abbandono definitivo. Occorre incentivare il recupero delle terre con migliorie poco impattanti a difesa del territorio marginale, per limitare il rischio idrogeologico e migliorare la stabilità dei versanti.

Sempre più terreni vocati sono abbandonati con grandi rischi alle zone antropizzate. Occorre ad esempio indirizzare dei finanziamenti alla zona dei vigneti eroici che necessita di complesse manutenzioni, (viabilità-acque meteoriche-coltivazioni) talvolta vincolate da procedure e autorizzazioni che il singolo non può affrontare sia in termini economici che professionali.

Sono necessarie misure destinate all’accorpamento delle proprietà fondiarie, sia per i terreni che per i fabbricati esistenti ed è importante una semplificazione delle procedure catastali nei centri storici. La necessità è quella di recuperare il patrimonio edilizio esistente con l’obiettivo strategico di evitare il consumo di suolo.

Occorrerà altresì allocare nuove risorse nel settore agricolo: in questi anni si sono evidenziate eccessive difficoltà legate alla presentazione delle domande e ai pagamenti, ritardi esagerati e aggravi di procedura da parte di Agea, l’ente pagatore nazionale con vincoli burocratici e/o informatici impossibili da risolvere nel breve periodo sia dall’azienda che dai centri di assistenza agricola (CAA).

Inoltre, prendendo ad esempio quello che succede nel vicino Piemonte, dovrebbe essere definito un cosiddetto paniere in cui sono elencati i prodotti D.o.p e I.g.p, in cui sono stabiliti protocolli di produzione e un giusto prezzo, per garantire un reddito superiore ai titolari di azienda.

Ancora in applicazione del nuovo “Codice Forestale” sarà necessario prevedere lo sfruttamento delle risorse boschive attraverso una filiera legno per la produzione di biomasse e il recupero di terreni marginali abbandonati.

Occorre stimolare la pratica dell’agricoltura sociale che operi in rete sul territorio con enti locali, associazioni di volontariato e realtà del terzo settore. Una pratica attorno alla quale possono gravitare e trovare risposte rifugiati, detenuti, disabili e tossicodipendenti. L’impresa agricola trova nell’agricoltura sociale ragioni e prospettive di competitività economica per se stessa e le economie locali in cui opera, non separate ma, al contrario, incentivanti e premianti rispetto a quelle di utilità e servizio sociale: dando vita alla punta più avanzata di modernità e multifunzionalità sui territori e dando risposte su tre principali dimensioni: 1) servizi alla persona, asili nido, fattorie didattiche, ecc.. e di accoglienza, in particolare per gli anziani; 2) valorizzazione urbana (ad esempio con gli orti urbani); 3) inclusione socio-lavorativa, per l’inserimento e l’integrazione dei soggetti a rischio di disagio o emarginazione: soggetti con problemi di dipendenza (alcool e droga), immigrati, ex-tossicodipendenti, rifugiati politici, minori a rischio, lavoratori disoccupati; servizi di cura e assistenza terapeutica (ortoterapia, ippoterapia, ecc..), in modo privilegiato attraverso l’attivazione di reti e collaborazioni con altre strutture e spesso garantendo continuità e razionalizzazione dei servizi locali attraverso strutture, spazi e risorse dell’impresa.

Sostenere l’agricoltura e le imprese agricole è ancora più importante oggi che assistiamo a una riscoperta dei valori di comunità e di radicamento territoriale veicolata dal cibo e dal rapporto dell’impresa agricola con il cittadino consumatore che esprime un fabbisogno di apertura alle sfide globali senza paure, alla necessità e opportunità di un diverso modello di crescita economica in grado di preservare i territori e i valori – come appunto l’identità e tipicità del cibo – da cui dipende la qualità della vita della società.

L’obiettivo di rilanciare parte l’economia passa anche attraverso lo sviluppo dell’attività edilizia elaborando diversi sistemi di incentivazione e premialità volti anche a migliorare la qualità dei manufatti edilizi con interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione. Focalizzando l’obiettivo del consumo netto di suolo pari a zero, occorre stimolare interventi normativi volti al recupero del patrimonio edilizio esistente anche attraverso processi di sostituzione o riqualificazione dello stesso, specie qualora sia privo di valore storico-artistico e necessiti di adeguamento tecnologico e funzionale.

Il tema della riqualificazione (anche energetica) del patrimonio esistente diventa quindi una delle direttrici strategiche per lo sviluppo delle attività della filiera edilizia nei prossimi anni. Un tema strategico non solo per le imprese e per lo sviluppo, ma anche per tutta la collettività.

Occorre anche mettere in campo politiche per la casa capaci di garantire una risposta rapida sia alla forte domanda sociale che a quella del ceto medio in difficoltà. Risposte che devono essere sostenibili sia dal punto di vista economico che sociale. Risposte che consentano ai giovani di emanciparsi e seguire i propri percorsi di studio, professionali e sentimentali. Risposte che favoriscano la mobilità sociale e che riducano il più possibile i rischi di esclusione sociale e ghettizzazione. Risposte per tutti coloro che oggi alloggiano in case popolari e meritano di abitare in un contesto sicuro e decoroso. Risposte che interpretino le esigenze di una società dinamica che richiede flessibilità. Risposte che sposino anche i principi dell’efficienza energetica e del risparmio economico per gli inquilini. Risposte che limitino il più possibile il consumo del suolo.

Il produrre e fare economia in Valle d’Aosta deve essere valorizzato. La Regione dovrebbe farsi promotrice della creazione di un marchio ombrello Valle d’Aosta.

Il progetto del marchio ombrello ha come obiettivo l’unione delle forze e lo sfruttamento del potenziale sinergico, caratteristiche essenziali per accrescere la forza dell’impatto sul mercato. Con il marchio ombrello i singoli marchi si presentano sul mercato con un denominatore comune, senza tuttavia rinunciare alla loro identità ma rafforzando il loro marchio. Il marchio ombrello VdA dovrebbe raccogliere marchi e prodotti sotto un tetto comune, formando sinergie tra turismo, agricoltura (legandosi al paniere dei prodotti D.o.p e I.g.p sopraesposto), artigianato e industria. Tutti i settori si arricchiscono reciprocamente: il paesaggio che conferisce ai prodotti di qualità una nota emotiva e nel contempo i prodotti si fanno ambasciatori del territorio. Il marchio di qualità è un segno di riconoscimento che comunica e garantisce ai consumatori la provenienza valdostana e processi produttivi che seguono criteri di qualità elevati, selettivi e obiettivi. Il rispetto dei vari criteri di qualità stabiliti dovrà essere garantito da enti di controllo indipendenti e accreditati.

Asse strategico 2. Istruzione – Scuola e Università – cultura

L’istruzione scolastica è elemento fondamentale per il rilancio della nostra Regione. Infatti dispersione scolastica, bassi livelli di rendimento, disagi adolescenziali, presenti anche nella nostra regione sono tutti sintomi di povertà educativa. Prioritario è risolvere il dramma dell’abbandono scolastico, attraverso politiche mirate che coinvolgano non solo la scuola, ma il mondo giovanile in senso più ampio avendo bene in mente una visione generale delle politiche giovanili. Sicuramente sono da potenziare l’offerta formativa specie nel settore tecnico-professionale e il sostegno allo studio.

Sarà necessario concentrare una parte degli investimenti nel miglioramento delle strutture scolastiche: servono luoghi più belli e funzionali e servono più spazi per lo svolgimento dell’attività sportiva (oggi pochi istituti, soprattutto ad Aosta, hanno una palestra e vengono spese cifre importanti per il trasporto degli alunni dalle loro scuole alle palestre disponibili, soldi che potrebbero invece essere investiti in infrastrutture).

L’Istruzione ha subito enormi tagli nei finanziamenti durante gli anni della crisi, ma il modello non è minimamente cambiato. La maggior parte delle risorse finanziarie (esclusi gli stipendi dei docenti) delle istituzioni scolastiche e della Sovraintendenza è concentrata sui docenti (Bonus 500 €, FIS e fondi per attività aggiuntive di insegnamento, valorizzazione del merito docenti) e poco rimane per lo svolgimento di ulteriori attività e acquisto di beni di investimento (apparecchiature informatiche, ma anche banchi e sedie). L’approvazione del nuovo regolamento di contabilità e il rinnovo contrattuale saranno una possibilità per ricostruire un nuovo modello di scuola valdostana, modello che va immaginato insieme a chi la scuola la vive e la manda avanti: personale scolastico docente e non docente, famiglie e studenti, rappresentanze di categoria. Basta con le riforme calate dall’alto.

Bisogna ripensare il ruolo della Sovraintendenza (nella nostra regione svolge in parte il ruolo di ufficio scolastico regionale), che deve diventare, diversamente da oggi, un punto di riferimento per le Istituzioni scolastiche, offrendo supporto legislativo e organizzativo per liberare dall’eccessivo peso degli adempimenti burocratici le scuole, liberando risorse umane nella programmazione didattica e nella ricerca di collaborazioni esterne. Inoltre, si potrebbero risparmiare risorse umane ed economiche anche promuovendo la centralizzazione di alcuni acquisti, tramite l’allargamento alle Istituzioni scolastiche della possibilità di usufruire della Centrale Unica di Committenza. L’autonomia scolastica non può essere la scusa per non portare avanti una visione coerente della scuola in tutta la Valle d’Aosta: servirà una revisione degli adattamenti della normativa nazionale scolastica e occorrerà migliorare il sistema dell’alternanza scuola-lavoro nell’applicazione concreta, anche con l’introduzione di buone pratiche e di regole uniformi per tutta la Regione.

L’Università, in previsione dell’apertura della nuova sede, deve essere rilanciata non solo attraverso il potenziamento dei corsi esistenti, ma anche ampliando l’offerta a settori scientifici particolarmente richiesti sul mercato e corsi che possano sfruttare le risorse e i punti di forza del territorio, andando a costituire corsi di Laurea di eccellenza che possano attrarre studenti da fuori Valle. Per fare ciò, è necessario, però, investire risorse sul territorio per fornire agli studenti universitari luoghi di aggregazione, ma non solo, come ad esempio studentati e aule studio.

Oltre alla cultura materiale, in Valle d’Aosta è ricchissima e presente la cultura immateriale, basti pensare agli ambiti della musica e del teatro.

Ci si deve chiedere attraverso quale genere di intervento, o di interventi coordinati, si possa realizzare un piano, non solo per salvaguardare il teatro locale, ma per fare sì che possa divenire uno dei fiori all’occhiello della nostra regione, partendo dall’assunto che l’arte e la cultura in genere sono forme di bellezza assoluta che garantiscono all’Umanità il passaporto per il futuro. Il senso del teatro non è quello di dare risposte o far scivolare piacevolmente il tempo, ma quello di tentare di cogliere i segni del tempo; è una piazza, un’agorà, un osservatorio all’interno del quale le persone possono dibattere, riflettere, provarsi, tentare di comprendere dove sono e dove intendono andare senza pregiudizio e coraggiosamente. Il Teatro, oggi più che mai, non può esistere per sé stesso ed esercitare azioni avulse dal territorio: deve anzi lavorare anche, e soprattutto, per il territorio in cui nasce e si sviluppa. Artisti e Istituzioni devono immaginare e vedere insieme dove andare. Ma come può l’Istituzione valorizzare il teatro? Attraverso adeguati sostegni pubblici concessi per merito, in modo da rendere il teatro una modalità di espressione libera e non vincolata al politico di turno. I tagli subiti nel 2013 devono essere rivisti, anche accedendo a finanziamenti Europei, in un’ottica concertata tra le Istituzioni e le Compagnie teatrali. È necessario che i fondi siano diversificati a seconda che le compagnie teatrali siano professionali o amatoriali. Queste ultime hanno comunque diritto di esistere e di essere sostenute in quanto espressioni artistiche arricchenti e fondamentali per il nostro tessuto culturale. È importante tornare a considerare che il teatro, oltre a creare un substrato culturale e a rafforzare la consapevolezza di un popolo, è attività che crea lavoro (solo per dire: Edimburgo e Avignone – ma gli esempi che si potrebbero fare sono innumerevoli – durante i loro festival spostano popoli che portano risorse economiche e vita intellettuale). Il Teatro ha bisogno di spazi in cui creare, in cui invitare le persone a vedere e pensare insieme, in cui generare occasioni di incontro e di confronto col teatro stesso, dai capannoni ex industriali ai siti archeologici, dalle chiese sconsacrate agli edifici da riqualificare e in stato di semiabbandono (e la Regione possiede uno sterminato patrimonio di questo tipo che può essere ridato alla collettività anche attraverso attività artistico-culturali).

Anche il settore della musica in Valle d’Aosta merita la giusta attenzione. Nel constatare il diffuso livello di alfabetizzazione musicale nella nostra Regione, dovuto anche alla diffusione capillare che le diverse anime della Fondazione Viglino realizzano da anni sull’intero territorio valdostano, intendiamo operare al fine di una migliore valorizzazione di tutte le forze attive in campo musicale: dagli ensemble di musica tradizionale, al sistema corale e bandistico, alle diverse istituzioni di formazione musicale. Tra queste ultime (oltre alle Scuole Medie ad indirizzo musicale e al Liceo Musicale, strutturati secondo il sistema statale), le due maggiori istituzioni, dai ruoli differenziati, ma complementari: la SFOM che, offrendo un ampio ventaglio di possibilità legate ad un’offerta formativa variegata e aperta a nuovi linguaggi e a culture musicali altre, è in grado di attirare tipologie di utenza diversificate, e il Conservatoire, inserito nel sistema dell’Alta Formazione Artistica e Musicale nazionale pur con peculiarità di tipo normativo legate all’autonomia valdostana, che prevede il rilascio di titoli di studio di livello universitario e una formazione professionalizzante.

Obiettivo primario è dunque la creazione di un sistema musicale integrato, realizzabile attraverso una sinergica cooperazione fra tutti gli attori musicali nel rispetto delle specificità e delle finalità che li contraddistinguono. Un sistema che, votato per tradizione e per possibilità normative a scambi e opportunità di carattere transfrontaliero, lavorando al fine di una sempre più razionale ricaduta sul territorio, può arrivare a configurarsi come unico in Italia.

Riteniamo inoltre importante che la prestigiosa sede del Conservatoire, patrimonio storico e culturale della città, si apra al territorio e alla popolazione come vetrina di se stessa e dell’attività artistica in essa (e non solo) prodotta.

Asse strategico 3. Una mobilità regionale ed interregionale che aiuti a crescere e che ci colleghi all’Europa.

La terza priorità sulla quale il prossimo governo dovrà impegnarsi è la mobilità. Un moderno ed efficiente sistema di trasporto pubblico locale nel quale l’asse centrale dovrà essere coperto da una moderna linea ferroviaria elettrificata che possa collegare in tempi ragionevoli Torino con Aosta. Il collegamento tra due capoluoghi di Regione non può che essere un intervento che il Governo dovrà assumere come strategico per l’integrazione del Nord Ovest del Paese. Una stretta sinergia tra la Regione Valle d’Aosta e la Regione Piemonte dovrebbe consentire di gestire insieme il trasporto pubblico ferroviario interregionale. Ai sensi infatti dell’attuale articolo 117, comma 10 della Costituzione, “la legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.”

Utilizzando quindi appieno gli strumenti che già oggi la Costituzione riconosce alle Regioni è possibile immaginare intese tra la Valle d’Aosta ed il Piemonte (anche magari con organi comuni, che possano veder coinvolti sia gli esecutivi che i rispettivi consigli) finalizzate al finanziamento, alla realizzazione ed alla gestione di una tratta ferroviaria fondamentale non solo per la nostra Regione ma per tutto il Canavese.

La tratta ferroviaria invece che da Aosta sale verso l’alta Valle potrebbe essere trasformata in una metropolitana leggera con meno vincoli e con veicoli che possono circolare sulla sede stradale unitamente agli altri mezzi di trasporto, anche provando a fare della linea Aosta – Pré Saint Didier un luogo di sperimentazione e di ricerca di nuove tecnologie nascenti.

Infine i collegamenti pubblici tra le vallate ed il fondo valle dovrebbe avvenire con mezzi di trasporto ecologici (bus elettrici, ad esempio), di ridotte dimensioni, incentivando anche il sistema di condivisione delle auto (car sharing e car pooling) al fine di calibrare il trasporto pubblico con i picchi di utenti in base anche alla stagione turistica.

Asse strategico 4. Una nuova sanità territoriale, un nuovo modello di welfare valdostano.

La sanità valdostana rischia di perdere il livello qualitativo raggiunto, sia per la mancanza di personale sanitario, sia per le inefficienze strutturali del sistema. Occorre una riflessione approfondita a tutto campo che consenta, oltre agli importanti risparmi di gestione, un ambiente operativo ottimale per gli operatori così come per i pazienti.

Non dimentichiamo che la sanità è fatta di persone. Medici, infermieri, operatori sanitari che in questi anni hanno l’hanno tenuta in piedi in condizioni difficilissime, si sono sentiti trascurati e messi da parte. Questo è stato l’errore più grande: riconoscere solo a parole il loro operato senza riuscire a valorizzare a pieno le loro professionalità e soprattutto senza riuscire a garantire loro condizioni lavorative migliori.

Dobbiamo ripartire dalla centralità delle persone: degli operatori sanitari, dei malati e delle loro famiglie.

La prossima consiliatura dovrà necessariamente prendere in esame interventi lungimiranti sul tema della sanità e delle politiche sociali, anche in un’ottica di integrazione socio – sanitaria. Occorre rafforzare la prevenzione e la cosiddetta “medicina di iniziativa” poiché la prevenzione gioca un ruolo decisivo nella cura della persona. Si deve potenziare e riorganizzare la medicina territoriale che deve essere in grado di ridurre le ospedalizzazioni evitabili abbassando così i costi per il sistema sanitario.

Occorre garantire ai cittadini il pieno accesso ai servizi in tempi certi e ragionevoli intervenendo sulla gestione delle liste di attesa, magari avvalendosi delle esperienze virtuose messe in campo da altre regioni. Occorre proseguire con l’informatizzazione e la digitalizzazione della sanità favorendo la personalizzazione delle cure.

La gestione del welfare deve rimanere in capo ai comuni e, sull’esempio di quanto sta facendo il comune di Aosta, occorre uscire dalla logica degli appalti per andare verso il coinvolgimento del privato sociale mediante la “co – progettazione”.

Occorre distinguere tra i servizi che tendono a mantenere la domiciliarità dell’anziano (servizio di assistenza domiciliare, teleassistenza, accompagnamento e aiuto, socializzazione dell’anziano, assistenti di quartiere, ecc..) e strutture di assistenza per anziani (microcomunità e simili). I primi servizi per la loro flessibilità non possono che essere affidati, mediante lo strumento della co – progettazione alle imprese sociali, preferibilmente del territorio.

I secondi, essendo servizi più strutturati, possono essere gestiti sia mediante l’ausilio del privato (attraverso ipotesi di finanza di progetto), sia mediante la costituzione di una azienda pubblica (come ipotizzato dal governo uscente) che possa raccogliere sotto di sé tutti gli operatori pubblici del settore. Tale ultima soluzione, probabilmente da percorrere inizialmente, dovrà contemplare un idoneo stanziamento regionale per far fronte ai costi di gestione al fine di consentire al sistema una transizione sostenibile da un modello prevalentemente pubblico ad un modello misto.

Dobbiamo poter mantenere i livelli assistenziali raggiunti salvaguardando al contempo le professionalità e i lavoratori del settore: la gestione del welfare (inteso a 360 gradi dalla culla alla tomba) non può più prescindere dalla piena applicazione del codice del terzo settore approvato recentemente dal Governo nazionale che getta le basi per un nuovo rapporto pubblico/privato sociale basato su strumenti innovativi quali la coprogrammazione, la cogestione e la coprogrogettazione.

Occorre realizzare un’architettura di welfare moderna e innovativa fondato sul modello di accreditamento come opportunità di superamento delle gare d’appalto in cui le famiglie liberamente possano scegliere i servizi necessari ai loro specifici bisogni. La misura unica della famiglia è il presupposto necessario alla realizzazione operativa di questa scelta

La lotta alla povertà è un altro obiettivo fondamentale. Il Reddito d’inclusione, introdotto grazie al lavoro del PD nella scorsa legislatura, è stato un grande passo avanti, ma non è una misura sufficiente a risolvere il problema.

Vanno ripensate le misure regionali di sostegno al reddito e di contributi. Sono numerose e non sono collegate tra loro e a queste si aggiungono gli aiuti proposti da altri enti e da associazioni di volontariato. Il Partito Democratico propone la MISURA UNICA PER LA FAMIGLIA: per evitare opportunismi e mero assistenzialismo, qualsiasi tipo di contributo deve finire in un unico database, così che si possa misura l’entità dei contributi dati al singolo e alla famiglia. Chi si trova in situazione di difficoltà economica deve essere sostenuto creando le condizioni perché queste persone escano dalla povertà: sostegno nel trovare un lavoro, politiche della famiglia, monitoraggio delle condizioni del singolo e della famiglia.

Serve poi potenziare la rete che indirizza e accompagna la famiglia o la persona alla risoluzione del problema, con un miglior coordinamento tra gli enti e gli uffici che si occupano della questione. La persona si deve sentire seguita e valorizzata.

La lotta contro la povertà deve cambiare punto di vista, uscire dalla sola visione basata sul reddito. E’ necessario cambiare il modo con cui sostenere le persone non autosufficienti, anziani, disabili, malati (che si trovano in situazioni di difficoltà che prescindono dal reddito): il pubblico deve riconoscere queste situazioni con la creazione di politiche su misura sulla base della situazione economica e sociale di queste persone. Gli aiuti economici da soli non possono bastare: serve ripensare a una rete di sostegno e supporto.

Bisogna tornare al concetto diritti uguali per tutti, paradossalmente con la crisi siamo passati ad avere una classe media che paga tutto per intero o quasi (rette universitarie, contributi alle microcomunità, ticket sanitari). Spesso economicamente la famiglia si sacrifica perché non può permettersi la retta di un pensionato, soprattutto quando la moglie non ha la pensione propria e il marito si ammala. Crediamo che sia indispensabile diminuire le rette e i contributi ai servizi dovute dalle famiglie.

Occorre agire attraverso l’erogazione di contributi alle aziende, agli ordini professionali e alle associazioni di rappresentanza dei liberi professionisti e dei lavoratori autonomi, finalizzato a:

  • sollecitare le parti sociali ed economiche a promuovere, presso i propri iscritti e aderenti, il welfare aziendale quale strumento per aumentare la produttività e per migliorare la conciliazione vita – lavoro dei lavoratori dei rispettivi settori, nonché a beneficio delle libere professioniste e lavoratrici autonome;

  • trasferire know-how specifico e affiancare le aziende che intendono applicare o che in parte già applicano, misure di welfare orientate al benessere dei dipendenti in una logica di prevenzione di tutti quei fattori che incidono negativamente sulla motivazione, l’assenteismo, la sicurezza del lavoro, etc;

  • promuovere il benessere dei lavoratori e la conciliazione vita – lavoro, creando i presupposti per un incremento della produttività aziendale;

  • favorire la permanenza nel mondo del lavoro delle lavoratrici a seguito della maternità.

Abbiamo anche pensato ad un pacchetto di misure per i giovani per favorire l’autonomia abitativa dei giovani (studenti e non) che lo desiderano attraverso misure come: i voucher da spendere per prendere in affitto un alloggio o una stanza a canone concordato; tassazione agevolata per gli operatori che promuovono interventi di affitto a riscatto per giovani coppie; misure che sostengano i giovani che, responsabilmente, avviano percorsi di risparmio casa.

Nell’ambito di queste politiche non abbiamo dimenticato i nuovi bisogni d’abitare degli anziani. L’allungamento della speranza di vita media fa sì che emergano bisogni nuovi legati alla qualità dell’abitare per queste categorie di persone. Le proposte che avanziamo ad esempio: portierato sociale per anziani autosufficienti ma comunque bisognosi; incentivi per la realizzazione di servizi e alloggi protetti dedicati ad anziani autosufficienti.

In questi anni ha conquistato il primo piano nel dibattito il tema dell’HOUSING SOCIALE. L’obiettivo dell’housing è quello di creare le condizioni per aiutare il ceto medio in difficoltà e consentire ai nuovi ceti emergenti con un livello di reddito discreto ma insufficiente rispetto ai prezzi del libero mercato, (giovani famiglie, immigrati regolari, giovani liberi professionisti) di raggiungere una propria autonomia. Per farlo si conta di incrementare il patrimonio immobiliare a uso abitativo a prezzi sostenibili attraverso l’offerta di alloggi di edilizia residenziale da realizzare con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati alle categorie sociali svantaggiate nell’accesso al libero mercato degli alloggi in locazione nell’ottica di realizzare un mix sociale. Dal mix tra investimenti pubblici e privati potrebbe arrivare una parte della soluzione agli antichi e gravi problemi dell’accesso alla casa. Si tratta da questo punto di vista di reinterpretare il ruolo del pubblico come elemento facilitatore nel percorso di autonomia abitativa, utilizzando gli strumenti che possono essere messi a disposizione dal mercato e dai privati a vocazione sociale. In questo quadro un ruolo centrale e decisivo potrà essere giocato dal mondo cooperativo che rappresenta allo stesso momento un “mezzo” per aprire le porte di una casa a migliaia di famiglie e un “modo” di concepire la comunità come bene comune. L’idea di fondo è da condividere: oggi più che mai è necessario il ruolo del pubblico per favorire meccanismi virtuosi tra pubblico e privato nelle sue varie forme.

Asse strategico 5. Per un turismo di qualità, motore dello sviluppo regionale e con un Casinò privato. Valorizzazione della cultura materiale e immateriale

Una particolare attenzione merita il settore turistico che dovrebbe essere – nell’ottica di concentrare gli sforzi di investimento per creare occupazione – il motore principale della ripartenza valdostana, favorendo investimenti privati e continuando l’opera di ammodernamento degli impianti di risalita.

L’obiettivo deve comunque essere quello di un turismo non solo stagionale, ma di far crescere le proposte durante la primavera e l’autunno.

Molto si può fare attraverso la promozione della Regione e delle sue ricchezze, partendo ad esempio dalla nostra proposta del Marchio Ombrello Valle d’Aosta, che potrebbe costituire un volano e una garanzia anche in tempo di crisi per il turismo valdostano.

Un intervento temporaneo e condiviso tra Regione e Enti locali che dovrebbe aumentare gli investimenti e far emergere le situazioni non chiare dovrebbe prevedere l’azzeramento dell’IMU per gli immobili utilizzati per le attività ricettive. Ciò dovrebbe avvenire senza penalizzare i bilanci degli enti locali e finalizzando lo sgravio per i soggetti in regola con attività alberghiere o extra alberghiere, al fine di rinnovare il parco immobiliare ed incentivare anche la nascita di piccole nuove attività ricettive, magari creando reti di supporto (alberghi diffusi o b&b gestiti in cooperative).

Un accenno a parte ma doveroso al Casinò de La Vallée, visto che è stato l’elemento che ha inciso in maniera indiscutibile sulla consigliatura che si sta concludendo.

Non è più pensabile immettere altro denaro in nell’azienda perché la drastica riduzione delle risorse non può che obbligare la politica a scelte più oculate e prioritarie rispetto alla Casa da gioco. Diventa però anche controproducente rinunciare ad un’azienda e a delle professionalità che sono maturate nel tempo nel Casinò.

L’unica via d’uscita pare essere quella di un “concordato preventivo in continuità di gestioneche possa permettere la ristrutturazione dell’azienda e la definizione di un nuovo contratto aziendale del turismo al fine di ridurre i costi di gestione e preparare l’azienda ad una privatizzazione (mantenimento della proprietà pubblica e esternalizzazione della gestione aziendale) che possa consentire la trasformazione del Casinò da semplice luogo di gioco a elemento di intrattenimento a trecentosessanta gradi. Qualora non fosse possibile far ripartire economicamente il Casinò non sarebbe uno scandalo iniziare a pensare alla chiusura progressiva e un recupero alberghiero del Billia come albergo a 4 o 5 stelle.

Uno sguardo attento meritano anche le grandi ricchezze culturali materiali e immateriali della nostra regione che sono un patrimonio da tutelare e promuovere, provando a guardarle anche dal punto di vista dello sviluppo economico, pensando che molte persone lavorano in questo ambito e potrebbero essere anche di più.

La nostra Regione è ricca di castelli, monumenti, reperti archeologici e altri siti di interesse. In questo campo le possibilità dateci dalla nostra autonomia sono tante.

Servirebbe una diversa pubblicità dei punti museali di eccellenza, quali il Forte di Bard, il nuovo centro museale di Saint Martin de Corléans, dei castelli e dei tanti eventi culturali che si svolgono ogni anni in Valle d’Aosta: un intervento necessario per attrarre un tipo diverso di turismo. La proposta è quella di creare una Carta Unica dei Siti Regionali, che permette di accedere liberamente e ogni volta che lo si desidera, per 365 giorni dalla data di acquisto, ai siti culturali della regione aderenti al progetto, anche creando un protocollo d’intesa con la Regione Piemonte.

Per ultime, ma non per questo meno importanti, sono parte della cultura immateriale della nostra Regione anche le tradizioni e l’enogastronomia, che sono beni da promuovere e valorizzare, non solo a livello turistico, ma anche di sviluppo economico più generale, a partire dai settori dell’agricoltura e dell’artigianato.

Asse prioritario 6. Ambiente, per un’economia circolare come nuovo modello integrato di produzione, distribuzione e consumo.

Il 18 aprile scorso il Parlamento UE ha approvato un pacchetto sull’economia circolare che prevede che ci sia una percentuale di riciclo dei rifiuti urbani pari al 55% nel 2025 e del 65% nel 2035 e una riduzione al 10% dei rifiuti in discarica.

Le politiche di tutela ambientale quindi stanno sempre di più assumendo un ruolo centrale nella definizione delle strategie europee e, di conseguenza anche in quelle nazionali.

La sfida è duplice, conservare e tutelare per le generazioni future e assumere per tempo le iniziative atte ad affrontare gli scenari imminenti indotti dal cambiamento climatico.

La preservazione dell’ambiente è ancor di più un elemento centrale per una Regione a forte vocazione turistica come la Valle d’Aosta dove peraltro gli effetti del cambiamento climatico sono ancor più evidenti rispetto ad altre regioni europee a causa dell’innalzamento delle temperature ben più alto della media europea. Ricordo che già gli scenari a 5 – 10 anni evidenziano casistiche di aumento dei fenomeni di dissesto geologico, casi di penuria di disponibilità di risorsa idrica nel mondo agricolo, penuria di neve sulle stazioni sciistiche a media/bassa quota.

Tali fattori di rischio possono per contro diventare elementi di opportunità ripensando ad esempio un’offerta turistica estiva pensata per le persone che fuggono dal calore delle città oppure investendo in innovazione nel settore delle energie rinnovabili, dell’efficientamento energetico, della mobilità sostenibile e più in generale nella green economy. Altrettanto importante è promuovere a livello nazionale il riconoscimento economico dei servizi ecosistemici resi dalle zone montane.

Negli ultimi anni, il modello economico circolare si è molto evoluto e a nostro avviso rappresenta il futuro per lo sviluppo di un’economia sostenibile, soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento delle materie prime, i processi produttivi e l’adozione di modelli di distribuzione e consumo. Avendo ben chiaro che le risorse naturali non sono infinite e non bisogna sprecarle, ma questo non deve impedire la crescita del lavoro e dello sviluppo tecnologico. Questo può avvenire se si mettono in campo strategie e modelli di mercato che tengano conto della salvaguardia della competitività dei vari settori e che, grazie alle ultime scoperte in campo tecnologico e scientifico facciano del riuso, riciclo e recupero delle risorse da valorizzare, in uno scenario in cui anche i rifiuti si trasformano da problema in risorsa.

Grande spazio per questo modello è presente nella distribuzione dei beni alimentari, ma anche da questo modello economico le Imprese agricole regionali possono trarne profitti, attraverso il riuso degli scarti agricoli ad esempio. Il compito dell’istituzione è quello di mettere in campo progetti e sostegno, anche attraverso la semplificazione amministrativa che spesso limita le possibilità in questo campo.

Occorre implementare un sistema integrato di gestione delle eccedenze alimentari creando sinergie per sensibilizzare le imprese del territorio magari promuovendo riconoscimenti (esempio bollino zero sprechi) a beneficio delle stesse, realizzare “modelli di prossimità” che possano sfruttare circuiti veloci tra la consegna dei beni ed offerta/consumo degli stessi.

Appare dunque necessario affrontare le sfide future mettendo a punto piani regionali coordinati tra loro (PTA, PEAR, Piano trasporti, Piano aria, PRP, GPP, etc.) e strategie regionali di sviluppo sostenibile e di adattamento al cambiamento climatico.

L’obiettivo sarà quello di assicurare, nei diversi settori, quelle attività che risultano strategiche per perseguire il raggiungimento di un livello di qualità ambientale e dei servizi ottimale e che consenta la presenza di attività produttive che risultino sostenibili per la tutela delle persone e dell’ambiente. In sintesi:

a) Gestione rifiuti urbani: completamento della riorganizzazione dei sistemi di gestione dei rifiuti, sia a livello locale, attraverso i SubATO, che a livello regionale con l’avvio dell’esercizio dei nuovi impianti di trattamento dei rifiuti, secondo quanto previsto dal Piano regionale di gestione dei rifiuti del 2015;

b) Gestione rifiuti speciali: maggior coinvolgimento delle associazioni di categoria per assicurare una gestione dei rifiuti speciali secondo le priorità stabilite dalle normative comunitarie e regionali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti inerti da demolizione, costruzione e scavo, nonché dei materiali inerti da scavo, al fine di raggiungere le percentuali di recupero stabilite dalle normative comunitarie, entro la scadenza del 2020;

c) Rifiuti contenenti amianto: avviare un programma operativo, in accordo con gli enti locali, di dismissione delle coperture in amianto risultanti dal censimento già redatto dall’ARPA della Valle d’Aosta, sulla base delle priorità di intervento definite da tale censimento, prevedendo anche appositi finanziamenti;

d) Bonifica dei siti contaminati: assicurare la soluzione delle problematiche ambientali connesse con la presenza di contaminazioni di rilevanza regionale;

e) Tutela delle acque dall’inquinamento:

  • assicurare la soluzione delle problematiche connesse con i procedimenti di infrazione comunitaria per il mancato rispetto dei termini di adeguamento per la realizzazione di reti fognarie ed impianti di trattamento, attraverso la realizzazione e l’avvio dell’esercizio dei due impianti comprensoriali di Pont-Saint-Martin e di Chambave;

  • disciplinare in merito alle attività di controllo e di autocontrollo gestionale dei depuratori delle acque reflue urbane al fine di migliorare la qualità degli scarichi e, di conseguenza delle acque superficiali.

f) Informazione e sensibilizzazione: potenziare le attività di informazione e sensibilizzazione nel settore della tutela dell’ambiente nel suo complesso attraverso anche protocolli ed accordi con le associazioni di categoria e gli enti interessati, al fine di individuare modalità informative adeguate a seconda degli utenti a cui riferirsi.

Fondamentale, per poter mettere in atto azioni efficaci e sinergie, è raggruppare in un unico dominio le competenze in materia ambientale ora sparpagliate in diversi Assessorati, ad esempio i temi dell’energia, dell’acqua, delle aree protette, della pianificazione paesaggistica e territoriale.

L’ottimizzazione della suddivisione delle competenze non è da sola sufficiente per affrontare le sfide future. Se le politiche ambientali sono destinate a diventare uno dei perni dello sviluppo futuro occorre rafforzare il team di persone dedicato. E’ dunque altrettanto importante che l’Amministrazione regionale, alla luce dei vincoli imposti sulle nuove assunzioni, adotti delle azioni di ridistribuzione del personale interno in funzione delle mutate esigenze mettendo in atto dei percorsi formativi atti ad evolvere e riqualificare il personale interno, specie quello di fascia C2 cui attualmente si può pensare di attingere unicamente in uno scenario di crescita professionale.

Asse prioritario 7. Una pubblica amministrazione che funziona.

Costruiamo un nuovo rapporto tra cittadini e amministrazione. Troppo spesso i cittadini si sentono sudditi nel rapporto con la pubblica amministrazione. Costruiamo una pubblica amministrazione regionale trasparente e amichevole verso i cittadini e le imprese, investendo in formazione e valorizzazione delle capacità già presenti. A tal proposito, la proposta di azioni di ridistribuzione e riqualificazione del personale interno sopracitata per le tematiche ambientali è da ritenersi valida per tutto il settore pubblico. Inoltre, per costruire una pubblica amministrazione trasparente non basta applicare meramente le leggi sulla trasparenze e contro la corruzione. Servono, infatti, nuove modalità di gestione e far entrare i cittadini nelle scelte decisionali e nella loro vigilanza (ad esempio, agevolando la nascita di progetti come le comunità monitoranti sulle opere pubbliche). Non solo l’amministrazione pubblica, ma anche tutto l’ampio settore degli enti regionali e delle aziende partecipate deve realizzare un’approfondita opera di recupero dell’efficienza e di eliminazione di sprechi e opacità.

Partendo dalla Regione, occorre ripensare completamente la macchina amministrativa che deve essere strutturata su massimo 5/7 componenti di Governo (compreso il Presidente) e orientata per obiettivi anche trasversali e non per aree omogenee. Occorre investire risorse umane sullo snellimento della macchina amministrativa, sul procedimento amministrativo. Per raggiungere l’obiettivo di una buona Pubblica Amministrazione è necessario avere dei vertici competenti. L’attuale sistema di “spoil system” nella scelta dei Dirigenti, inserito in un sistema in cui sono presenti dirigenti assunti a tempo indeterminato con qualifica dirigenziale e inamovibili indipendentemente dalla qualità del lavoro e dalla volontà di continuare a formarsi, non funziona. Bisogna andare verso l’albo unico della dirigenza pubblica e prevedere una scuola di alta specializzazione con l’aiuto dell’Univda affinché la dirigenza pubblica possa acquisire competenze più complesse, possa formarsi adeguatamente ed essere un modello di competenza ed efficienza.

Bisogna riconoscere il merito e le competenze prevedendo concorsi triennali o quinquennali con valutazioni costanti dei dirigenti e qualora non ottengano valutazioni sul merito sufficienti dovrebbe essere possibile ricollocarli come funzionari. Non più quindi dirigente a vita, ma dirigente a tempo e con obiettivi chiari specifici e misurabili e mantenimento del posto di lavoro come funzionario.

Occorre mettere in piedi una vera e propria task force con l’obiettivo primario di effettuare una vera e duratura “spending review” al fine di ristrutturare il bilancio regionale (e ridurre le spese correnti a livelli più fisiologici degli attuali che ingessano il bilancio regionale). Una seconda task force, invece, dovrebbe occuparsi di sburocratizzare e di passare al settaggio tutti i tipi di procedimento amministrativo per renderli più semplici e più veloci (e per eliminarne anche alcuni).

Una burocrazia più semplice, dirigenti più preparati, una pubblica amministrazione che aiuta il cittadino e le imprese.

Occorre inoltre realizzare la transizione verso l’amministrazione digitale. Il passaggio a un’amministrazione pubblica che agisca stabilmente mediante le tecnologie digitali necessita di ulteriori interventi.

Asse prioritario 8. Per una cultura delle pari opportunità e dei diritti – Accoglienza e sicurezza una sfida da governare.

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In Valle d’Aosta non esiste una strategia regionale sul tema delle pari opportunità e della lotta contro le discriminazioni. Nella nostra Regione non esiste più alcun organismo dedicato al tema delle pari opportunità e solo presso il Comune di Aosta esiste una delega sulle pari opportunità.

Sul fronte della lotta alla violenza di genere, la legge regionale approvata nel 2013 e voluta fortemente dal PD, ha dato impulso ad una sistematizzazione di tutte le iniziative che erano state portate avanti negli anni da diversi soggetti e ha stimolato nuova progettazione sul tema.

Occorre sostenere e rafforzare quanto già previsto, non dimenticando la lotta contro l’omofobia.

Occorre portare all’approvazione, provvedendo alle opportune modifiche, il testo di legge che nel 2015 un gruppo di lavoro di esperte sul tema hanno prodotto dal titolo “Promozione della parità di trattamento e della cultura delle pari opportunità tra donne e uomini in Valle d’Aosta” e che è stato consegnato alla politica, ma giace dimenticato in qualche cassetto. In quel testo erano previsti tra gli altri, interventi per favorire un sistema di rappresentanza paritaria, di sostegno del lavoro e dell’occupazione femminile, sulla conciliazione e condivisione delle responsabilità di cura a cui oggi aggiungeremmo azioni sul welfare territoriale e aziendale di cui abbiamo già detto.

Per quanto riguarda il tema dell’immigrazione proponiamo che si faccia quanto di competenza della regione per far sì che lo SPRAR diventi l’unico sistema di seconda accoglienza nel territorio. A tal proposito occorre individuare anche a livello regionale politiche premianti per i comuni che aderiscono al sistema SPRAR prendendosi carico della diffidenza e della paura che i nuovi arrivati provocano, lavorando però sull’integrazione e non sul rifiuto.

Le difficoltà ad esempio potrebbero essere mediate attraverso l’ausilio di figure di intermediazione riconosciute a livello locale (terzo settore, volontariato, cooperazione sociale).

Occorre attivare le strutture regionali competenti per attività sia didattiche che di formazione professionale (apprendistato, lavori di pubblica utilità) e integrare l’insegnamento dell’italiano con corsi di cultura ed educazione civica, perché siamo convinti che anche questo sia un pilastro fondamentale del processo di integrazione.

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